domenica 26 aprile 2009

PRINCIPI DELL'EVOLUZIONE (clicca e guarda)



Per il biologo moderno, la teoria dell'evoluzione è fondamentale quanto la teoria della relatività lo è per il fisico. Ciò non equivale necessariamente a dire che entrambe le teorie spiegano perfettamente la realtà, ma piuttosto che esse offrono, nei loro ambiti di applicazione, di gran lunga le migliori spiegazioni per moltissimi fenomeni osservati su questo pianeta allo stato delle attuali conoscenze...ossia fino a prova contraria....

In biologia, l'evoluzione delle specie è il fenomeno del cambiamento, non necessariamente migliorativo (anche se il migliorativo poi si trasmette perchè privilegiato), del fenotipo come espressione visibile e diretta del genotipo (cioè del patrimonio genetico) degli individui di una specie: per fenotipo si intende il tuo involuco esterno, ossia il corpo, per genotipo si intende il tuo DNA!!
Inizialmente si pensava che le specie fossero così come erano state create, e quindi immutabili (creazionismo). Il formidabile lavoro di riorganizzazione delle conoscenze botaniche e zoologiche svolto da Linneo cominciava però a suggerire che potessero esservi delle relazioni tra specie simili, e Linneo stesso, che era fissista, avanzò verso la fine della sua vita l'ipotesi che, attraverso l'ibridazione, potessero formarsi specie nuove. Anche Georges-Louis Leclerc, avanzò qualche ipotesi evoluzionista.

A partire dalle sue osservazione sugli invertebrati, Lamarck pubblicò nel 1809 l'opera Philosophie zoologique, dove giunse alla conclusione che gli organismi così come si presentavano, fossero il risultato di un processo graduale di modificazione che avveniva sotto la pressione delle condizioni ambientali. Formulò, perciò, l'ipotesi che in tutti gli esseri viventi sia sempre presente una spinta interna al cambiamento che li fa diventare sempre più complessi e che si manifesta attraverso "l'uso e il disuso delle parti" e "l'ereditarietà dei caratteri acquisiti". Ciò significa che, in seguito all'uso od al disuso di una parte del corpo, l'individuo tende a sviluppare certe caratteristiche (caratteri acquisiti) che tramanda poi ai discendenti. In questo modo, i vari adattamenti, sommandosi e trasmettendosi attraverso le generazioni, avrebbero dato luogo a nuove specie, diverse dalle precedenti.
Lamarck spiegava l'evoluzione secondo quattro principi:

- negli organismi vi è una spinta interna verso la perfezione;
- gli organismi sono capaci di adattarsi all'ambiente;
- la generazione spontanea è frequente;
- i caratteri acquisiti durante la vita sono trasmessi alla prole.

Il punto critico della sua teoria erano le modalità con cui queste modificazioni erano trasmesse ai discendenti: un carattere che un individuo acquista durante la sua esistenza non può essere tramandato ai suoi discendenti perché l'espressione di quel carattere viene memorizzato dalle cellule somatiche e non da quelle germinali. Ad esempio, una persona muscolosa non tramanda i muscoli al suo discendente perché la massa muscolare influenza solo le cellule somatiche e, non venendo memorizzata da quelle germinali, che devono tramandare i caratteri ereditari, non viene trasmesso alla progenie, sebbene uno studio di C. B. Kidd, pubblicato sul British Journal of Dermatology, affermi che l' Eritroderma Ittiosiforme, malattia legata esclusivamente ai geni, sia stato curato con la sola ipnosi. Ciò implicherebbe dunque un' influenza della volontà della persona sul DNA, che viene trasmesso di generazione in generazione. Se l' ipnosi riesce a condizionare il DNA, gli animali potrebbero alterare inconsciamente il proprio DNA per adattarsi meglio all'ambiente.

L'antilope primitiva, citata da Lamarck, potrebbe aver già alterato il suo DNA, programmandolo, per fare in modo che abbia il collo lungo, sebbene questo cambiamento non si manifesti nell' animale stesso. Esso, però, è già scritto nel DNA e la mutazione si trasmetterà ai discendenti dell'antilope in questione. Queste osservazioni farebbero, dunque, riprendere in considerazione il Lamarckismo, dato che la Selezione Naturale presenta incongruenze, come ad esempio la teoria del trasferimento dei pesci alla terraferma, poiché un polmone era troppo complesso per comparire in un sola mutazione casuale.
Lamarck utilizzò la giraffa come esempio della sua tesi; un'antilope primitiva, alla quale fosse piaciuto brucare le foglie degli alberi, avrebbe allungato il collo verso l'alto con tutte le sue forze per arrivare al maggior numero di foglie possibile. Anche la lingua e le gambe si sarebbero allungate e tutte queste parti del corpo, di conseguenza, sarebbero diventate letteralmente un poco più lunghe, e questo allungamento si sarebbe trasmesso alla generazione successiva. La nuova generazione avrebbe avuto in partenza parti del corpo più lunghe e le avrebbe allungate ulteriormente e, poco per volta, l'antilope si sarebbe trasformata in giraffa. Lamarck assegnava una notevole importanza al ruolo attivo degli organismi nel modificarsi in risposta agli stimoli ambientali, e riteneva che l'uso di determinati organi, o parti di organi, provocasse modificazioni in modo che essi rispondessero meglio alle esigenze di sopravvivenza dell'animale, in base al principio "la funzione crea l'organo". Queste modifiche si sarebbero poi trasmesse alla generazione successiva, e l'accumularsi dei caratteri acquisiti, di generazione in generazione, avrebbe determinato l'apparire di nuove specie meglio adattate all'ambiente.

Lamarck ebbe il merito di sostenere il concetto di evoluzione, contro le concezioni fissiste del suo tempo; affermò che gli organismi viventi non sono immutabili, bensì si trasformano ininterrottamente e si trasformano per adattarsi all'ambiente e conseguire una più efficiente capacità di sopravvivere, che le loro trasformazioni si accumulano nel corso delle generazioni dando luogo a specie nuove.

Darwin, in seguito, diede una diversa spiegazione dei meccanismi dell'evoluzione biologica ma, nonostante che le ipotesi di Lamarck siano state in seguito dimostrate infondate... Lamarck rimane il precursore delle scienze evolutive, il primo scienziato ad affermare la trasformazione dei viventi.

La teoria dell'evoluzione delle specie è uno dei pilastri della biologia moderna. Nelle sue linee essenziali, essa è riconducibile oggi all'opera di Charles Darwin (che vide nella selezione naturale il motore fondamentale dell'evoluzione della vita sulla Terra) e alla genetica.
Darwin, biologo, geologo e zoologo britannico, celebre per aver formulato la teoria dell'evoluzione delle specie animali e vegetali per selezione naturale di mutazioni casuali congenite ereditarie (origine delle specie), e per aver teorizzato la discendenza di tutti i primati (uomo compreso) da un antenato comune (origine dell'uomo).

Secondo la teoria dell'evoluzione, le specie derivano le une dalle altre; il problema era cercare di spegarsi come mai avveniva l'evoluzione.

La teoria di Darwin era basata fondamentalmente su due principi:
1. l'individuo diverso nasce per caso (brillante intuizione, visto che darwin non sapeva nulla del DNA e delle mutazioni genetiche)
2. l'ambiente seleziona gli individui più adatti, in quanto questi vivono più a lungo, si riproducono di più e quindi trasmettono le loro caratteristiche alla progenie.

La selezione naturale avviene soprattutto in caso di scarsezza di risorse. L'esempio riportato in tutti i libri è quello delle giraffe. Le giraffe derivano da animali con il collo molto più corto. Secondo la teoria di darwin, una giraffa con il collo più lungo è nata per caso; questo poteva anche essere un vantaggio modesto in caso di abbondanza di cibo, ma, nel momento in cui il cibo è diventato, per qualche motivo, più scarso, la giraffa con il collo più lungo ha potuto nutrirsi meglio, raggiungendo le foglie più in alto. Questo individuo ha vissuto più a lungo degli altri, ha generato un maggior numero di figli e ha trasmesso il collo lungo a un certo numero di essi. A loro volta queste giraffe con il collo più lungo, si sono nutrite di più e hanno generato più figli, trasmettendo loro questa caratteristica.
Esiste anche un altro tipo di selezione molto importante: la selezione sessuale. Per esempio, molti potrebbero chiedersi qual è il vantaggio dei pesanti e voluminosi palchi dei cervi. Lì, di sicuro, non è stato l'ambiente a selezione quel carattere. Le femmine, però scelgono di accoppiarsi e riprodursi con gli animali con i palchi più voluminosi, quindi saranno questi gli individui che si riprodurranno e trasmetteranno le loro caratteristiche genetiche alla progenie.

Per entrare nel vivo della discussione l’evoluzione darwiniana postula che “praticamente tutti gli esseri viventi, o perlomeno tutti i loro aspetti più interessanti, sono frutto dell’operato della selezione naturale su variazioni casuali.

Se i princìpi generali della teoria dell'evoluzione sono consolidati presso la comunità scientifica, aspetti secondari della teoria sono tutt'oggi ampiamente discussi e sono oggetto di ricerca attiva.
La definizione del concetto di evoluzione ha costituito una vera e propria rivoluzione nel pensiero scientifico in biologia, e ha ispirato numerosi teorie e modelli in altri settori della conoscenza.

Tuttavia, quando Darwin sviluppò la sua teoria, gli scienziati sapevano poco o nulla della straordinaria complessità della cellula vivente. La moderna biochimica, lo studio della vita a livello molecolare, ha rivelato parte di tale complessità. Ha anche sollevato serie obiezioni e dubbi sulla teoria di Darwin....

Il presunto processo dell’evoluzione implica l’acquisizione graduale di caratteristiche utili. Darwin sapeva che la sua teoria dell’evoluzione graduale per selezione naturale doveva superare un grosso ostacolo quando disse: “Se si potesse dimostrare che esiste un qualsiasi organo complesso, che non può essersi formato tramite molte tenui modificazioni successive, la mia teoria crollerebbe completamente”

Una delle principali obiezioni al modello evoluzionistico è che la selezione naturale, il motore dell’evoluzione darwiniana, funziona solo se c’è qualcosa da selezionare: qualcosa che sia utile in questo momento, non in futuro”.

Questo solleva una serie di interrogativi per gli scienziati onesti: “Come si è sviluppato il centro di reazione della fotosintesi? Come ha avuto inizio il trasporto intramolecolare? Come è iniziata la biosintesi del colesterolo? In che modo il retinale ha cominciato ad essere coinvolto nella visione? Come si sono sviluppate le vie dei segnali delle fosfoproteine?” “Il fatto stesso che neanche uno di questi problemi venga affrontato, per non dire risolto, è un’indicazione molto evidente che il darwinismo provvede uno schema inadeguato per capire l’origine dei sistemi biochimici complessi”.

Se la teoria di Darwin non è in grado di spiegare il complesso fondamento molecolare delle cellule, come può costituire una spiegazione soddisfacente dell’esistenza dei milioni di specie che popolano la terra?

Per quanto plausibile possa sembrare la teoria darwiniana dell’evoluzione agli occhi di alcuni scienziati, alla fine questi devono affrontare la domanda: Anche ipotizzando che le forme viventi si siano evolute per selezione naturale, come ha avuto origine la vita? In altre parole, il problema sta non nella sopravvivenza del più adatto, ma nell’arrivo del più adatto e del primo! Tuttavia, come indicano i suoi commenti sull’evoluzione dell’occhio, Darwin non si poneva il problema di come fosse iniziata la vita. Egli scrisse: “Il modo in cui un nervo divenga sensibile alla luce non ci riguarda più di quanto ci riguarda il modo in cui la vita è comparsa per la prima volta”.

Visto che le probabilità che l’evoluzione abbia prodotto l’infinita varietà e complessità delle forme viventi sono assolutamente irrisorie, trovate difficile credere che tutto questo si sia evoluto nella direzione giusta per puro caso? Vi chiedete come avrebbe potuto una qualsiasi creatura sopravvivere nella lotta per la sopravvivenza del più adatto mentre stava ancora evolvendo gli occhi, o mentre stava formando delle dita primitive su un corpo subumano? Vi chiedete come hanno fatto a sopravvivere le cellule se erano ancora incomplete e non funzionali?

Dovremmo credere che per puro caso l’evoluzione abbia creato anche un maschio e una femmina contemporaneamente, in modo da perpetuare la nuova specie. Come se non bastasse, dovremmo inoltre credere che il maschio e la femmina si siano evoluti non solo contemporaneamente, ma anche nello stesso luogo! Se non si incontravano, addio procreazione!

Di sicuro, credere che la vita esista in milioni di forme perfezionate come risultato di milioni di colpi di fortuna richiede una dose di credulità che ha dell’inverosimile!!!!

Il problema della teoria evolutiva è che manca il motivo, il meccanismo chimico, che genera la tendenza evolutiva e che ci faccia capire come si possano generare sistemi che sebbene in evoluzione sembrano avere una "complessità irriducibile". Questo può sembrare un problema di logica non indifferente se si ammette che la vita sia nata per caso e un problema risolto se si ammette che la vita sia stata architettata da Dio in tutte le sue
forme passate, presenti e future!!!!

La teoria dell'evoluzione è corroborata da studi di ogni tipo, dalle datazioni stratigrafiche dei fossili, al recentissimo esame del DNA, per non parlare dell'evidenza della continua evoluzione virale. Le mutazioni genetiche e la selezione naturale sono fenomeni inconfutabili che avvengono tuttora.

Vorrei aggiungere, senza voler processare nessuno, anzi solo comprenderlo... che le conoscenze biologiche attuali sono enormi rispetto a quelle che erano disponibili a Darwin alla metà dell'Ottocento, soprattutto grazie agli straordinari sviluppi della biologia molecolare negli ultimi cinquant'anni. Oggi sappiamo che la maggioranza dei 'codoni' del codice genetico sono condivisi universalmente da tutte le forme di vita, che gran parte dei genomi di organismi diversissimi tra loro contiene una gran quantità di simili strutture non funzionali (es., DNA ripetitivo, pseudogeni, ecc.), che i livelli di divergenza tra sequenze di DNA di specie diverse sono generalmente correlate con il tempo di divergenza dal loro antenato comune, e che geni implicati nella regolazione dello sviluppo (Hox genes) sono condivisi da linee filetiche separatesi dal loro antenato comune centinaia di milioni di anni fa.

È chiaro che nessuna teoria è perfetta, se non altro a causa dei limiti umani e per la natura stessa della scienza, che tende a ricercare continuamente idee e ipotesi in grado di migliorare il nostro grado di conoscenze. In quest'ottica, qualsiasi biologo ragionevole non può che augurarsi che, magari fra pochi anni, uno scienziato ancora più brillante di Darwin possa fornire un quadro concettuale ancora più efficiente...

Esistono varie recenti teorie in merito:

1. alcuni ricercatori hanno proposto la teoria del “mondo a RNA”. Anziché sostenere che DNA, RNA e proteine siano comparsi simultaneamente per produrre la vita, dicono che fu l’RNA stesso la prima scintilla di vita. Negli anni ’80 alcuni ricercatori scoprirono in laboratorio che certe molecole di RNA potevano agire da enzimi nei confronti di se stesse dividendosi in due per poi ricucirsi. Si ipotizzò dunque che fosse stato l’RNA la prima molecola in grado di autoreplicarsi. Con il tempo queste molecole di RNA avrebbero imparato a formare membrane cellulari e alla fine l’organismo a RNA avrebbe dato origine al DNA. Non tutti gli scienziati, però, accettano questo scenario. Gli scettici osservano che “la teoria del mondo a RNA . . . contiene un difetto che le è fatale in quanto non spiega da dove è venuta l’energia per alimentare la produzione delle prime molecole di RNA”. E nessun ricercatore ha mai trovato un pezzo di RNA capace di replicarsi partendo da zero. C’è poi da spiegare come si è formato l’RNA.

2. Un’altra teoria che alcuni scienziati hanno abbracciato è che il nostro pianeta sia stato inseminato con vita proveniente dallo spazio.







Vorrei prima di concludere soffermarmi su un importante concetto, affine all'evoluzione..per fare un esempio pensiamo ai gemelli che condividono un utero prima della nascita, quindi sono esposti allo stesso ambiente, nello specifico i gemelli identici che hanno identico corredo genetico.
Una volta che i gemelli sono nati, sono esposti all'ambiente esterno e si comportano in modo diverso, i cambiamenti più evidenti sono le metilazioni del DNA: l'ambiente quindi impatta sui geni... Esiste una branca della biologia molecolare, chiamata epigenetica, che studia le modifiche che il materiale genetico può subire durante la vita: cioè studia tutto ciò che sta attorno al genoma ma che non coinvolge la sequenza genica, significa che anche due gemelli omozigotici a livello molecolare possono rivelare differenze significative. Nonostante i due abbiano gli stessi geni, recentemente è stato provato che in un gemello potrebbero esserne attivi alcuni che non lo sono nell'altro. I due gemelli sono dunque identici dal punto di vista genetico, ma non epigenetico: disposizione dei cromosomi all'interno del nucleo di ogni cellula; lo stesso DNA, avvolto attorno a sferette proteiche, potrebbe dare luogo a manifestazioni diverse per una cellula, perchè si assumono complesse strutture 3D, a seconda delle loro caratteristiche biochimiche.

Le modificazioni epigenetiche sono da considerarsi eventi naturali, sono sempre esistite e – probabilmente - sono essenziali per l’adattamento e l’evoluzione della specie, ma qualora esse insorgano in maniera impropria possono recare conseguenze infauste, sia sulla salute che sul comportamento umano. numerosissimi agenti tossici e sostanze chimiche di sintesi, alle quali tutti noi siamo comunemente esposti, possono indurre alterazioni epigenetiche, come: inquinanti, ormoni, sostanze radioattive, farmaci, virus, batteri, componenti della dieta. detto questo, gli organismi vivono in un ambiente che non è costante, ma possono sviluppare dei metodi per andare incontro a questi cambiamenti (grazie ai controlli a livello epigenetico).
Esistono dei geni che devono essere sempre controllati perchè la loro attività possa essere cambiata in base a quel che è l'ambiente esterno alla cellula o all'organismo in se e sono detti GENI REGOLATI, mentre i geni sempre attivi a prescidere dalle condizioni ambientali sono COSTITUTIVI.
Quando l'ambiente diviene improvvisamente inadatto al normale funzionamento cellulare, l'espressioni dei geni regolati e stavolta anche di quelli costitutivi viene ridotta da meccanismi di regolazione come la metilazione del DNA ed avvengono evoluzioni....quindi il DNA è influenzato da ciò che ci circonda...

Secondo il mio parere, una vera comunità scientifica deve essere aperta al dialogo e al dibattito anche con chi va "contro" il pensiero dominante e non avere attegiamenti di superiorità. Bisogna essere aperti al diverso ed ascoltarlo, non dettare dogmi della fede dell'evoluzione... io sono "allergica ai dogmi" di qualsiasi tipo e provenienza, perchè la scienza ci ha sempre dimostrato che le teorie possono essere confutate da nozioni che vengono apprese in seguito.....

...ritornerò sul concetto di epigenetica perchè forse l'origine non aveva avuto torto...a volte la scienza involve...

Comunque la domanda cui dovete rispondere è: è il mio volere che impatta i geni e genera modificazioni fenotipiche che mi rendono più adatto a sopravvivere, o è una mutazione casuale che rende l'individuo più adatto a sopravvivere con quell'adattamento? Ossia la giraffa ha allungato il collo perchè si è sforzata di arrivare alle foglie più alte imponendo modificazioni alla propria struttura e quindi DNA, o il caso ha voluto che un giorno una giraffa si svegliasse con un collo più lungo e quindi riuscisse a sopravvivere meglio per selezione naturale? E' il caso a governare la vita? pensateci su... buon viaggio!!!


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